Darkman

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La verità non è mai perfetta e non quadra mai con tutte le aspettative: la verità pone dubbi e domande.
Solo la menzogna è credibile al 100% perché non deve spiegare la realtà ma semplicemente dirci quello che vogliamo sentirci dire.
---------da “Il labirinto degli spiriti” di Carlos Ruiz Zafon


Quante volte abbiamo desiderato una seconda opportunità dal destino? Quante volte ci siamo chiesti come sarebbe l’oggi se avessimo avuto il coraggio allora di “buttarci”?
Me lo sono chiesto tantissime volte e dopo anni mi sono deciso a scrivere questo racconto che ha girato per il web per molto tempo prima di approdare qui e mi hanno scritto mail lusinghiere amici e sconosciuti.
Ci tenevo moltissimo a scriverlo: una sorta di omaggio ad una persona e ai miei anni ‘70, naturalmente non tutto è autobiografico. Ma …



Marina

di Luigi

Era un bellissimo pomeriggio di fine estate, non ancora rovinato dalle prime piogge settembrine che inevitabilmente segnavano la fine della bella stagione.
Al termine della giornata di lavoro, Ric fece partire il cd musicale nello stereo appeso di fronte alla sua scrivania e si stava soffermando ad osservare il movimento del porto cittadino dall’immensa vetrata del suo ufficio, quando il telefono squillò. Sollevato il ricevitore, dall’altra parte vi era suo nipote quattordicenne che lo aveva, in pratica, supplicato di accompagnarlo allo stabilimento balneare per raggiungere i suoi amici poiché il suo scooter era rimasto in panne.
Ric, nell’ascoltarlo, sorrideva dentro di sé, intuendo il motivo dell’urgenza di tale richiesta.
Era passato a prenderlo con la sua cara Bmw, si era sorbito le solite raccomandazioni della sua
ansiosa sorella, madre del ragazzo e, dopo una ventina di minuti, stava già comodamente seduto ad un tavolino del bar di fronte al mare, appoggiando la giacca sulla sedia a fianco e ordinando una granita di limone.
L’aria era piacevolmente fresca, si sentiva rilassato e, facendo finta di niente, seguì con lo sguardo suo nipote che era stato raggiunto di corsa da una sua coetanea in costume intero, dai lunghi capelli corvini e con un sorriso radioso quanto eloquente, ricambiato dal ragazzo: il tutto confermava le sue maliziose supposizioni. Insieme raggiunsero il gruppo di amici tuffandosi in mare dal pontile.
Arrivò la granita e iniziò a sorseggiarla con gusto, contento di godersi quel fresco naturale, si mise
ad osservare i preparativi dei camerieri nel sistemare i tavolini per la serata danzante che avrebbe avuto luogo qualche ora dopo, dedicata agli anni ’70. come avvertiva un cartello posto all’ingresso.
Il juke-box già suonava le prime canzoni di quel periodo e la gente cominciava ad affluire per
prenotare i tavolini intorno al campo di basket adibito come pista da ballo.
L’aveva pensata bene la titolare della spiaggia. Entro pochi giorni avrebbe avuto inizio la festa
patronale della città, molti erano giunti per l’occasione, per ritrovarsi tra amici e ricordare quegli anni: questa serata era un buon pretesto. Molti degli avventori, come lui, avevano frequentato quella spiaggia da piccoli; Ric aveva riconosciuto molti di loro, ma in quel momento preferiva starsene da solo e in silenzi o ad ascoltare la musica, sua grande passione e compagna.
Si riteneva, come loro, uno di ritorno: era stato lontano ben 16 anni.
In effetti, assunto dalla sua ditta appena diplomato (caso già raro in quegli anni), aveva girato mezza penisola, sempre con la valigia in mano, pronto a cogliere ogni opportunità di esperienza e carriera; era riuscito anche a laurearsi con molti sacrifici, senza lasciare spazio a legami sentimentali duraturi.
Quando in quell’anno, nel ‘94, gli avevano proposto un posto di rilievo nella sua bella cittadina pugliese, aveva accettato con entusiasmo, felice di ritornarvi e con successo.
Come quel giorno, da piccolo, indeciso nel tuffarsi per la prima volta (con gli altri dietro che
aspettavano impazienti il loro turno) da quello stesso pontile che gli sembrava così alto, si era
detto, per rompere gli indugi: “ORA!”.
Si era ripetuto spesso quel grido nel cuore, per farsi coraggio, in momenti cruciali in cui doveva
prendere una decisione che segnava una svolta importante per lui.
I due ragazzi erano usciti dall’acqua e, seduti sugli scogli, avevano iniziato una fitta e sommessa conversazione, le teste protese fra loro.
Ric trovava deliziose queste piccole tenerezze di ragazzini e, sull’onda della musica diffusa, gli
tornava in mente quando aveva, anche meno, la stessa età del ragazzo, nel ’73…
Era molto timido allora, per non dire imbranato, diverso dagli altri pimpanti coetanei: Ric rrossiva
come un peperone solo nell’andare nelle classi femminili a fare qualche ambasciata per i suoi
professori (le classi miste non erano ancora molto diffuse e lui stava appunto in una maschile).
Frequentava la scuola media e il cuore faceva una capriola ogni volta che vedeva Marina, una
ragazzina di un’altra sezione, con i capelli a caschetto dalle mille sfumature dorate raccolti dietro le minuscole orecchie, il viso di un bel color pesco, un eterno piccolo sorriso che sprizzava simpatia e bellezza.
Ric ne era tremendamente innamorato, per come lo poteva essere uno di quell’età, e alla fine
dell’anno scolastico, sbirciando i suoi ottimi voti pubblicati sui “quadri” appesi sui muri della
scuola, si chiedeva se l’avrebbe più rivista: sapeva che suo padre era un ufficiale militare che
cambiava spesso destinazione.

“ Signora mia
mi scusi se ho suonato
ma non so che cosa sia
la voglia di parlarle
che mi ha preso
è stato come un fuoco che si è acceso”


Ric trasalì. Quella canzone di Sandro Giacobbe era proprio di quell’anno! Cercò di individuare,
incuriosito, chi l’aveva selezionata sul juke-box, ma un gruppo di anziani che stava giocando a
Burrago ne impediva la vista.
Dunque riprese il corso dei suoi ricordi…
Quell’anno fu invitato ad una festa da ballo in un appartamento all’interno dell’aeroporto militare;
gli sembrava di rivedere con esattezza quella piccola stanza, il lampadario a sfera, il giradischi
attorno al quale trafficava un ragazzo con i 45 giri del momento, i suoi amici in camicia e pantalone a zampa d'elefante. Ad un tratto, con sua gran sorpresa, si era accorto che lei era là!
Aveva cercato, invano, fino a quel giorno, un’occasione per parlarle, non avendo mai trovato il coraggio di avvicinarla durante le ore scolastiche. A scuola la sbirciava da lontano e a nessuno dei suoi amici aveva mai confessato tutto questo. Adesso che era così vicina, non trovava neanche la forza di invitarla a ballare.
Ad un certo punto si erano trovati seduti uno a fianco all’altro, gli unici a non ballare, e lui si era
sentito gelare per l’imbarazzo e l’emozione nonostante fosse fine estate.
Si avvicinò la padrona di casa e, sorridendo, si rivolse loro:
“Due bei giovani, che rimangono fermi senza ballare, su! Che aspettate?”.
Ric sarebbe voluto sprofondare per la vergogna, ma lei si voltò leggermente verso di lui, chinando
la testa da un lato, e gli si rivolse con dolcezza per toglierlo da quell’estremo disagio: “Balliamo?”.
Quel momento gli era rimasto impresso per la vita, attimo per attimo.
“ORA!!”
Si alzò seguito da lei ed iniziarono a ballare, il cuore gli batteva furiosamente, ma poi, per lui,
esistevano solo l’oro dei suoi capelli e il suo bel viso roseo così vicino al suo. La teneva tra le
braccia e tutta la stanza gli volava attorno, mentre il giradischi suonava “Come sei bella” dei
Camaleonti.
La canzone finì e con essa il momento magico, ebbe appena il tempo di scambiare qualche parola, ma era venuto anche il momento di andarsene, i suoi amici lo chiamarono e lui l’aveva lasciata lì, senza sfruttare l’occasione. E si sarebbe pentito tantissimo…
Incredibilmente il juke-box attaccò proprio con “Come sei bella”, riportando bruscamente Ric alla realtà per la sorpresa della combinazione.
Si sollevò leggermente dalla sedia per scorgere di chi fosse la mano che sceglieva le canzoni, ma attorno al tavolo dei giocatori si erano aggiunti altri in piedi per seguire la partita e gli coprivano la vista.
“Mah!” – borbottò dentro di sé.
Da allora Ric era cambiato: nelle feste perse la sua timidezza con le ragazze, aumentando la fiducia in se stesso e diventò anche intraprendente nella vita. La sensibilità di quella ragazzina aveva
contribuito a tutto questo e lui ne fu cosciente nel ricordare l’episodio.
La incontrò qualche anno dopo ad un’altra festa, lui l’aveva immediatamente riconosciuta e lei
anche.
“Non ci siamo già visti? Tu sei…” – domandò lei quando Ric la invitò subito a ballare. Era
diventata ancora più carina e lui si sentiva più sicuro di se stesso però, dopo un paio di canzoni,
intuite le sue intenzioni, molto cortesemente, ma decisamente, lei bloccò il suo corteggiamento. Il
loro precedente incontro non l’aveva segnata com’era successo a lui e Ric, come tutti i giovani della sua età, era proiettato al futuro ed incassò bene, apparentemente senza pensarci e per molti anni dimenticò la delusione.
Poi, solo in città lontane per lavoro, sdraiato nel suo letto durante la notte nel cercare di prender
sonno, si sorprendeva spesso a pensarla, a ricordare quel primo ballo, ed a chiedersi dove fosse in quel momento. La rivedeva seduta vicino a lui con le mani giunte sulle ginocchia, con una maglietta rosa che risaltava la sua snella figura e, soprattutto, quell’attimo in cui si voltava verso di lui ruotando i suoi capelli.
Faceva un lavoro che lo appassionava, tutti lo trovavano simpatico e in gamba, le occasiono con le ragazze non gli erano mancate, ma il pensiero di lei ricorreva.

“e mi manchi tanto...
ci vorrà del tempo, ma io so già che ti ritroverai anche solo per un po’
E io non ti credevo ma
nella mente avevo solo te.”


La sera stava scendendo, le ombre sulla spiaggia si allungavano dietro i pochi bagnanti come
mantelli scuri e il mare, piatto come una tavola, era un incanto.
Ric si lasciò andare ad ipotesi assurde che tutti noi ci facciamo senza confessarlo a nessuno, si
chiedeva come sarebbe cambiato il destino se lui si fosse comportato in altra maniera quella prima
sera.
Sarebbe voluto ritornare indietro per avere un’altra occasione, ed era convinto che le cose sarebbero andate diversamente.

“mi manca da morire
quel suo piccolo grande amore
adesso che saprei cosa dire
adesso che saprei cosa fare
adesso che voglio un piccolo grande amore”.


Sorrise a questi pazzeschi pensieri, ma ormai la mente correva a briglie sciolte. Chiuse gli occhi e
pensò intensamente:
“In fondo, l’aria che sto respirando adesso, cosa ha di diverso da quella di 21 anni fa?”.
“Potrei trovarmi benissimo, in questo momento, seduto a quella festa da ballo”- continuò a
fantasticare, tenendo gli occhi chiusi e respirando profondamente.

“Folle folle folle idea di averti qui
mentre chiudo gli occhi e sono tua.
Pazza idea, io che sorrido a lui sognando
di stare a piangere con te”


Ric riaprì gli occhi…
Ma ebbe seri dubbi di averlo fatto.
Quello che vide era assurdo.
Vide, di fronte a lui, dei ragazzini ballare sorridendo e parlando sottovoce con le loro amichette: quelli erano i suoi amici, ma giovanissimi…
SI TROVAVA IN QUELLA STESSA STANZA DI VENTUN ANNI PRIMA!
Il giradischi suonava “Come sei bella”.

“Ma dove sono?!
Quanto tempo ho dormito?”


C’erano Mikj, Diego, Mimmo (quest’ultimo spavaldo in mezzo alle ragazze essendo più grande di un paio d’anni dei suoi amici), ed altri ancora, tutti vestiti stile primi anni ’70.
“La musica, tutta di quell’anno, i ricordi e il totale rilassamento mi hanno fatto brutti scherzi, e mi
sono troppo immedesimato, tanto da avere allucinazioni?!” – si chiese.
Notò, sempre più meravigliato, di avere al polso il suo vecchio Timex, di indossare pantalone a zampa d'elefante e camicia aderente a maniche corte, come tutti gli altri presenti.
Stava per scuotersi per cercare di svegliarsi da quel sogno, ma si accorse che al suo fianco era
seduta lei, sì proprio lei, Marina!
“Balliamo?!”
Stava rivivendo la stessa situazione e Ric volle fortemente viverla un’altra volta.
“Ma si! Se è un sogno, voglio continuarlo” e si alzò.
Andarono al centro della stanza, lei gli posò le braccia sulle sue spalle, lui la strinse a sé e
cominciarono a ballare.

“Come sei bella!
dove sei stata?
fatti guardare”


Ric sentì il suo profumo, lei era così reale e l’emozione di averla, per davvero, tra le braccia era così intensa che la ragazza sarebbe dovuta essere di pietra per non percepirla.
“Qualcosa non va?” – gli chiese.
“No, no. Tutto bene” – le rispose – “E’ che non speravo più di conoscerti.”.
“Finora ci siamo incrociati ogni giorno a scuola.”- e alzo lo sguardo verso di lui che si tuffò nei suoi begli occhi azzurri.
“Mi, mi avevi notato?”
Col più bel sorriso che Ric ricordasse lei continuò:
“Ogni volta che ti vedevo, diventavi rosso e con la coda dell’occhio mi seguivi, me lo facevano
notare anche le mie compagne.”.
Ric arrossì, ma era evidente che lei non lo stava deridendo.
Nel frattempo si stava avvicinando un ragazzo, “spazzola” alla mano, per chiedergli di cedere la
ragazza nel ballo, ma Ric lo prevenì e con l’indice gli fece segno di no, che non sarebbe stato
d’accordo. Quello lo guardò perplesso, ma se ne andò scrollando le spalle.

“Ma dove sono ?
L’universo dei tuoi occhi avevo in dono”


La canzone stava per finire.
“Ti piacciono le canzoni dei Camaleonti?” riprese Ric.
“Loro sono tra i miei gruppi preferiti”- confessò - “anche se al Festival di Sanremo di quest’anno
non sono andati forti.”.
Da quel momento la conversazione trovò un’autostrada senza fine e i due ragazzi, con la stessa passione della musica nel sangue, avrebbero parlato per ore.
La canzone terminò e Ric le chiese se volesse ballare ancora. Marina lo guardò con altri occhi: non era poi così timido come le era sembrato e rimase per ricominciare.
Ric indicò col mento e gli occhi, all’improvvisato ed entusiasta dj. la copertina di un altro brano dei
Camaleonti.
L’altro eseguì annuendo mettendo sul piatto del giradischi “Perché ti amo”.
Ripresero a ballare e alla fine della canzone andarono a sedersi vicino alla finestra aperta per
continuare la chiacchierata che divenne più confidenziale.
Discussero, con l’entusiasmo della loro età, dei loro progetti futuri, delle scuole superiori da
intraprendere e, proprio nel bel mezzo, uno degli amici lo chiamò.
“Ric, andiamo via, è tardi.”
“Andate voi, io resto ancora!!”- ruggì voltandosi di scatto.
La scena che ne seguì a quell’inaspettata risposta fu, a dir poco, comica: per una frazione di
secondo i suoi amici fecero le belle statuine per la sorpresa. Si ripresero, si guardarono e,
consultandosi, due di loro decisero di aspettarlo e godersi sino alla fine la festa.
Ric sospirò (l’avesse detto anni prima) e rivolse tutte le attenzioni alla sua dolce amica. Lei sognava di diventare un avvocato, mentre lui le confessò le sue aspirazioni da dirigente d’azienda.
“Avremo modo di incontrarci e parlarne ancora di tutto questo, d’ora in poi.”- buttò.
“Magari!”- si oscurò lei – “Mio padre è stato trasferito, parto fra pochi giorni e dovrò iscrivermi in un’altra città.”.
“Mi piace moltissimo questa città, ho molte amiche e amici, vedrò di venire qualche volta e, un giorno, spero di tornare per sempre.”- concluse con malinconia.
“Ed allora, quando ci rincontreremo, riprenderemo la discussione: è una promessa !”- concluse con forza Ric, per farle coraggio.
Gli sorrise e a lui venne una voglia irresistibile di accarezzarle il mento, ma si trattenne.
Si rese conto che aveva preteso troppo dal destino, ora doveva andarsene: la festa era finita. Si salutarono con un ultimo sorriso e lui le sfiorò la mano, senza che lei la ritraesse.
L’aveva persa ancora…
Attraversarono i viali alberati della zona residenziale dell’aeroporto, ritirarono all’uscita i loro documenti restituendo i “pass” e si ritrovarono fuori, lui e i suoi due amici che discutevano entusiasti della televisione a colori che ancora non era in tutte le case.
Era turbato nel rivedere il suo quartiere com’era allora e, in prossimità della vecchia casa paterna
dalla quale lui e la sua famiglia si erano trasferiti tanti anni prima, fu preso dall’angoscia.
Rivedere molti cari che oggi non c’ erano più e ritornare in famiglia, lo avrebbero reso felice, ma lui non era più di quegli anni, dentro non era più un ragazzino: ripercorrere le tappe della sua vita
sarebbe stato un penoso déjà vu e lo sgomentava rifare tutti i sacrifici sostenuti per raggiungere la
sua posizione.
NO! Doveva finire tutto adesso!
“Ric, che hai? Perché ti sei fermato?!”- chiese Mikj.
Chiuse gli occhi e si concentrò respirando profondamente.
“L’aria che sto respirando è di oggi, non di ieri, ma che differenza c’è ?!”
“Ric…”

Riaprì gli occhi alzandosi di scatto e si ritrovò, incredulo e ansante, nel bar di fronte al mare ormai scuro.
Aveva sognato?
Si stava avvicinando suo nipote, evidentemente per andar via, e lui lo avrebbe fatto, voleva fuggire da lì, ma sentì quella forte sensazione di solitudine, come se avesse appena lasciato qualcuno a cui tenesse.
Mentre il ragazzo si avvicinava sempre di più, il suo spirito di osservazione e d’azione gli rendeva
conto, involontariamente, di quanto stava intorno, come in una slow-motion.
Il bar era ormai pieno, un complessino musicale stava preparandosi per prendere il posto del jukebox e, con la coda dell’occhio, si accorse che qualcuno si era staccato da quest’ultimo (oramai non gli interessava più chi fosse), ma quando gli passò accanto per prendere posto in un tavolino proprio vicino a lui, sentì una deliziosa scia di profumo femminile, irresistibilmente si volse e spalancò gli occhi per la sorpresa.
Seduta, sola, si stava aggiustando con cura la borsetta ed ordinava qualcosa ad un cameriere.
Marina…
“Zio, non ti dispiacere, io vado in pizzeria con gli amici, ma devo avvertire…”

Ora, ORA!!

Ric estrasse dalla tasca qualche biglietto da diecimila lire, il suo cellulare e li diede allo stupefatto ragazzo.
“Certo! Ti offro io la pizza e avvisa tua madre con questo, me lo rendi domani!”.
Scattando come una molla, con una mano prese la sua giacca e con l’altra una sedia per sedersi
accanto a lei al suo tavolino.
“Come promesso, adesso abbiamo un discorso da riprendere!” – esordì sfoderando tutto il suo
fascino.
La donna aprì la bocca sbalordita per la sfacciataggine ma, riconoscendolo dopo un attimo, la richiuse in un piccolo sorriso di complicità che la illuminò tutta.
“Da dove ricominciamo?” – replicò con gli occhi che le brillavano.

“e s'alza un vento tiepido d'amore
di vero amore
e riscopro te”


Quella era una notte magica, pensò Ric. Lei, bionda e bella, era tornata davvero per sempre e, quel che gli era successo, sogno o no, aveva cambiato il destino di entrambi.
La serata continuò fino a tarda notte ma, spente anche le ultime luci, loro rimasero a ridere e a
scherzare come due ragazzini di tredici anni e stavolta niente li avrebbe divisi.
La band, prima di chiudere, attaccò, come se fosse rivolta a loro due:

“You are the first,
you are the last,
you are the one!”


Dedicato a Marina B. che il destino non mi ha fatto più rincontrare.
Luigi
…e alla mia carissima figlia tredicenne Ylenia.
cron