GLI OCCHI E IL BUIO

Fumo di china...

GLI OCCHI E IL BUIO

Messaggioda Silver Surfer » mar 4 dic 2007, 11:33

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Gigi Simeoni è nel mondo del fumetto da ormai diversi anni, avendo esordito professionalmente nel 1990 sulle pubblicazioni delle edizioni Acme, per poi collaborare con Universo, Star Comics e quindi, nel 1996, approdare alla Sergio Bonelli Editore sulle pagine di Nathan Never. Dopo aver lavorato a lungo sulle storie dell’Agente Speciale Alfa, ma anche su quelle di Brendon e Gregory Hunter, attualmente sta terminando un albo della mini-serie Volto Nascosto, il cui primo numero è stato pubblicato proprio pochi giorni fa. Prima di lavorare al personaggio di Gianfranco Manfredi, però, Simeoni ha coltivato a lungo un progetto molto personale che è giunto a concretizzare scrivendo e disegnando “Gli occhi e il buio”, un inquietante thriller psicologico ambientato tra le nebbie di Milano agli inizi del secolo scorso. Il volume, il secondo della collana “Romanzi a Fumetti Bonelli”, arriverà in edicola il 26 ottobre. Ce ne parla, anticipandocene i temi e concedendoci una sbirciata dietro le quinte, lo stesso autore bresciano.
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Re: GLI OCCHI E IL BUIO

Messaggioda Silver Surfer » mar 4 dic 2007, 11:34

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Come nasce il progetto di un romanzo a fumetti come "Gli occhi e il buio" e quanto tempo hai impiegato per realizzarlo?

L'idea centrale del romanzo, che ruota attorno alle ossessioni di un assassino, risale almeno a una decina di anni fa. Era una storia che stava in piedi da sola, senza bisogno di una specifica ambientazione storica. Infatti, ricordo che una delle ipotesi che avevo elaborato era quella di adattarla a un albo per Dylan Dog da proporre a Bonelli, ma non mi pareva ancora del tutto a posto e lasciai perdere. Per un motivo o per un altro, insomma, gli anni sono passati e io ho continuato a modificare il racconto, a tagliarne e cucirne la trama, aspettando di poterlo ritenere pronto. Parlando con Stefano Vietti, sceneggiatore di Nathan Never con cui ho spesso collaborato in passato, venni a sapere che aveva intenzione di presentare un progetto di una collana di romanzi a fumetti e in quell'occasione, sapendo che sono anche sceneggiatore e che avevo qualche cartuccia da sparare, Stefano mi consigliò di rompere gli indugi e candidare la mia storia. L'idea di posizionarla temporalmente agli inizi del Novecento mi è venuta all'improvviso. Non ricordo quale è stato l'elemento scatenante, ma mi sono detto: la Belle Époque ha tutte le caratteristiche ambientali adatte a sorreggere l'intera vicenda. E così, ho imbastito il soggetto. Tra soggetto, sceneggiatura e disegni ci ho messo oltre due anni e mezzo a realizzare “Gli occhi e il buio”.

Sfogliando le pagine della storia, appare chiaro quanto sia stato approfondito il lavoro di preparazione di quest'avventura. Raccontaci come ti sei documentato, sia dal punto di vista iconografico che storico, e quali sono state le fonti principali a cui hai attinto...

Prima di tutto, mi interessava cercare di "evocare" un'atmosfera andata perduta, più che fare il ritratto alle suppellettili e ai costumi del tempo. Quindi la mia ricerca, all'inizio, si è concentrata soprattutto sui saggi e sui testi di storia. Tra questi, il bellissimo "Milano ventesimo secolo" di Indro Montanelli e Mario Cervi. Poi, ho sfogliato un'antica "Enciclopedia dei Ragazzi" di quel periodo, gelosamente conservata in famiglia. Per l'aspetto poliziesco, ho recuperato il volume "1903/2003 - 100 anni di Polizia Scientifica", un'edizione speciale della Polizia di Stato. Inoltre, ho contattato direttamente il direttore dell'Ufficio Storico della Polizia di Stato, l'Ispettore Superiore Giulio Quintavalli, che si è dimostrato estremamente competente e disponibile. Sugli aspetti tipici di Milano, ho trovato moltissimo materiale sul sito http://www.storiadimilano.it
Per quanto concerne le automobili e i mezzi di trasporto ho contattato la direzione della rivista "Ruoteclassiche", poi la ditta "Musso Gomme" di Torino, che tratta pneumatici d'epoca, oltre ad aver visitato la Fiera dei motori e dell'antiquariato di Padova. Molte cose le ho scoperte su internet, come ad esempio la cifra riportata sulle targhe automobilistiche e delle carrozze di Milano in quell'epoca. Cifre, sì, perché fino al 1903, le targhe non esistevano proprio. Due anni di prova con alcuni numeri nelle maggiori città, e poi via: dal 1905 fino al 1927, ogni provincia riportava uno specifico numero. Milano aveva il 38. Sembra un dettaglio da niente, ma se devi disegnare una scena con delle auto, non puoi sempre inquadrarne il muso, no? Ma andiamo avanti. Ho recuperato molte notizie su Cesare Lombroso, per conoscere in modo approfondito tutta la teoria della criminologia moderna, e dare così "corpo" all'aspetto poliziesco della vicenda. Poi, mi sono studiato bene il saggio "La scena del Crimine" di Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi. Dal punto di vista iconografico, ho girato diverse librerie di Milano per le immagini dei Navigli, sono stato all’Università Statale con la mia macchina digitale a fotografare l'ambiente, ho saccheggiato la biblioteca incredibilmente fornita del mio amico Mario Rossi, disegnatore di Dampyr. Ho raccolto materiale su ogni possibile aspetto della Belle Époque: dal catalogo sui vasi Liberty a quello sulle muse dipinte da Alfonse Mucha, al volume sull'arredamento d'inizio secolo... insomma, non ho trascurato nessuna possibile fonte. Ho curato anche il linguaggio, che aveva un uso particolare e ben codificato del "lei " e del "tu". Alla fine, però, ho anche inventato un po', cercando di mantenere, comunque, lo spirito scenografico dell'insieme.

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Re: GLI OCCHI E IL BUIO

Messaggioda Silver Surfer » mar 4 dic 2007, 11:35

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Il racconto si apre con una citazione da "Lo strano caso del Dottor Jekyll e il Signor Hyde" di Robert Louis Stevenson. Quanto ti ha influenzato questo romanzo nella definizione dei personaggi del tuo thriller?

Ho ritenuto importante rileggerlo, soprattutto per il modo in cui si trattava il discorso della dualità dell'animo umano. Il fatto che il Dottor Jekyll dovesse resistere ad assecondare le sue pulsioni più abiette per continuare a mantenere la sua rispettabilità rende questo testo più moderno che mai. Hyde, a suo modo, è un artista del male: risponde senza alcun vincolo a ogni desiderio, per quanto mostruoso possa essere. E piano piano, Jekyll si rende conto che "quell'altro", la sua metà oscura, purtroppo, è più felice e libero di lui.

Il personaggio principale della storia, Alessandro Simonetti, è un pittore, un uomo che trasporta su tela le sue ossessioni. Hai cercato, attraverso la sua figura, di esplorare i lati nascosti della creatività artistica?

Sì, esatto. "Nascosti", inteso come "segregati", per vari motivi. Spesso perché non coincidono esattamente con quello che noi consideriamo "normale" e "accettabile". Oggi, l'arte si cerca soprattutto di venderla, prima ancora che pensarla. Ne consegue che quasi ogni forma di arte contemporanea nasce e si sviluppa seguendo un iter costruttivo (e non creativo) per ottenere un prodotto smerciabile, facilmente declinabile in compendi e corollari identici a se stessi per accontentare il "target". Siamo abituati a questo termine, ma pensiamo un attimo a cosa significa letteralmente: bersaglio. Gli acquirenti, per chi vende, sono semplicemente un "bersaglio"… Qualche mese fa, passeggiavo per il centro della mia città e mi è scappato l'occhio su una vetrina di un grande salone d'esposizione di arte contemporanea. Un cartello sulla vetrata annunciava: “Saldi - Sconti fino al 50% su tutta la merce esposta”. Capito? Merce. Ed erano loro, che ce lo ricordavano!
Io, invece, sono per un rapporto molto più sincero e intimo con la dimensione artistica. La propria e quella altrui. Lo slancio artistico è come una forma di innamoramento così repentino e bruciante da non farci capire più niente. Quindi, se un uomo follemente innamorato può commettere delle pazzie, perché non dovrebbe accadere a un artista?

Un fumetto a sfondo storico rappresenta un'accattivante scommessa, e la nostra Casa editrice, in questo stesso mese di ottobre, ha lanciato anche Volto Nascosto, un'altra pubblicazione (che, tra l'altro, ti vede collaborare come disegnatore) che poggia le basi della sua narrazione su uno specifico momento della Storia italiana. Come pensi che possa reagire il pubblico bonelliano di fronte a questo doppio tuffo nel passato?

Penso che reagirà bene. Quello bonelliano è un pubblico attento, ama i dettagli, e il contesto storico è un’occasione per raccontare e illustrare un mondo che altrimenti non conosceremmo, se non attraverso le didascalie dei libri scolastici. Per esempio, il periodo compreso tra la fine dell'Ottocento e la Prima Guerra Mondiale, in Italia, si colloca in piena seconda, grande rivoluzione industriale. L'uomo della strada, se sente parlare di "Liberty", pensa alle architetture e ai motivi floreali, alle grandi Fiere Campionarie, alle prime gare di volo aereo, ai baffoni all'umberta. Invece, il periodo è ricchissimo di molteplici aspetti contrastanti: mentre nobili e ricca borghesia se la spassavano, il 40% della popolazione non sapeva né leggere né scrivere e tirava a campare come poteva, senza alcuna protezione né garanzia da parte dei governanti, tanto che migliaia di italiani partivano con i transatlantici e se ne andavano in America, sperando in una vita migliore. Mi sono molto appassionato a quel periodo, facendo le mie ricerche. Se "Gli occhi e il buio" dovesse funzionare bene, mi piacerebbe continuare su questo filone. Ho già qualche ideuzza. Beh, stiamo a vedere cosa succede…
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