Area - Discografia

Area - Discografia

Messaggioda Silver Surfer » mer 29 set 2010, 20:44

Arbeit Macht Frei

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Se gli anni di piombo non furono un'epoca felice per l’Italia, di sicuro rappresentarono una fase di intenso fervore musicale. Il 1973, in particolare, fu un anno di cruciale importanza sulla scena internazionale: uscirono molti dischi connotati da un'idea forte, capaci di suscitare reazioni contrastanti - scalpore, sdegno, esaltazione, stupore - e che assursero comunque allo status di pietre miliari per le generazioni successive. Fu anche un anno importante per la temperie culturale, anno di rivendicazioni, manifestazioni e proteste. A quest’ondata d’innovazioni e cambiamenti non rimase immune neanche la nostra penisola.

Inseriti nella corrente progressive senza mai però farne parte completamente, se non per alcuni aspetti (soprattutto la volontà di travalicare il formato-canzone tradizionale), gli Area irrompono nel panorama musicale italiano con una formula peculiare e personale, che sarebbe divenuta oggetto di sterili imitazioni negli anni a venire. Il loro esordio è fulminante soprattutto per motivi musicali, oltre che per i più evidenti motivi politici (mio padre mi rivelò addirittura di aver comprato il disco principalmente per questi ultimi).
Grazie alle varietà di esperienze che i componenti del gruppo portavano con sé (Djivas, Fariselli, Busnello e Capiozzo dal jazz, Demetrio Stratos dal beat, Tofani dal rock), "Arbeit Macht Frei" (uscito nel 1973, ma composto prevalentemente alla fine del 1972) si distingue per una riuscita commistione di rock, free-jazz, pop, musica elettronica e d’avanguardia, che può per certi versi richiamare già affermate esperienze inglesi, come quella dei Soft Machine e dei gruppi della scuola di Canterbury. Ma, al di là di questi imprescindibili riferimenti, la vera forza del gruppo sta in tre elementi: la presenza del messaggio politico, la miscela di elementi musicali internazionali con meno prevedibili sonorità mediterranee e italiane e, soprattutto, l’incredibile voce del cantante, Demetrio Stratos.

Stratos è già un cantante dotatissimo, anche se in seguito il suo talento si manifesterà in modo ancor più eclatante: svilupperà, infatti, una tecnica vocale straordinaria, che arriverà a comprendere l'uso di diplofonie e di armonici vocali, nonché un'estensione quasi inarrivabile: i 7000 Htz raggiunti nella sua massima escursione, infatti, lo porranno sull'olimpo dei cantanti di tutti i tempi. La sua formazione musicale e la sua estrazione culturale porteranno a una fusione fra inflessioni culturali mediterranee-mediorientali e avantgarde. Un patrimonio unico, che Stratos "formerà" proprio negli Area, inseguendo una "musica di fusione di tipo internazionalista", a rimarcare il carattere "totale" del sound e la forte presa di posizione politica della band.

A partire dal titolo (ispirato dal famigerato motto dei campi di sterminio nazisti) e dall’artwork, ad opera di Frankenstein, alias Gianni Sassi - autore anche degli ermetici testi - si intuisce subito di avere a che fare con un album fuori dal comune: le statuine incatenate con la chiave in mano sono immagini di sicuro impatto, insieme ai testi allusivi ed ermetici, ma di chiara posizione filo-palestinese. A questo si aggiungerà l'idea di allegare come gesto provocatorio, all'uscita del disco, una minacciosa pistola di cartone.

Registrato in un cascinale della bassa padana, "Arbeit Macht Frei" si apre con quello che resterà il pezzo più famoso e forse anche più orecchiabile degli Area: "Luglio, Agosto, Settembre (Nero)". Una voce recitante in arabo (frutto di una registrazione pirata in un museo del Cairo) costituisce il celebre incipit, cui segue Stratos che, accompagnato dall’organo, declama versi pesanti come macigni. Il pezzo racchiude un po’ tutti gli elementi tipici del sound del gruppo: melodie arabeggianti, improvvisazioni free-form, veloci cambi di tempo, progressioni armoniche e un testo duro e provocatorio.

Si prosegue con la title track, che emerge da una lunga intro ad opera della batteria di Giulio Capiozzo e che, tra sussurri e rumori vari, sfocia in una fuga di matrice jazz-rock; la successiva strofa è sospinta da un coinvolgente riff di basso e chitarra, in cui il sax di Busnello esegue degli assoli che si contorcono su se stessi sotto il canto di Stratos.

"Consapevolezza", il terzo brano, sembra incamminarsi su sentieri di stampo progressive, per poi inabissarsi in un arpeggio orientaleggiante, impreziosito dalle sperimentazioni di Fariselli e terminando in un alternarsi piano-forte di sequenze jazzate, progressive e rock, in cui emerge anche un organo che richiama il Santana di "Caravanserai". Il testo incita alla ribellione e allo scardinamento di ogni valore e istanza del "regime".

Ne "Le Labbra Del Tempo", uno degli episodi più riusciti del lotto, è una bellissima melodia vocale a condurre verso la parte centrale: una lunga improvvisazione di matrice jazz in cui ogni componente del gruppo sembra eseguire autonomamente il proprio assolo, senza per questo privare il pezzo di una sua fisionomia precisa; l’apice giunge alla fine della seconda parte cantata, e precisamente nel possente e imperioso "Io Ho!" pronunciato da Stratos. Da brividi.

"240 Chilometri da Smirne", unico pezzo strumentale del disco, si presenta invece come una cavalcata free-jazz piuttosto convenzionale, nella quale gli strumenti si alternano nell’esecuzione degli assoli.

Il disco si chiude con "L’Abbattimento dello Zeppelin", forse il pezzo più sperimentale e affascinante: oltre alle consuete fughe strumentali, il fulcro è costituito dalle ombrose atmosfere che accompagnano il canto nervoso e sincopato di Stratos, qui più che mai abile nell’interpretare onomatopeicamente il testo.

"Arbeit Macht Frei" è stato ed è ancora oggi un disco assolutamente unico nella storia degli Area e del rock tutto. Sarà definito dai critici "radical music", per la sua propensione a portare alle estreme conseguenze le linee di rottura del tessuto musicale.
Il gruppo proseguirà la sua carriera, ora accentuando gli aspetti più sperimentali e avanguardistici ("Caution Radiation Area", "Crac!"), ora ritornando a una più consueta forma-canzone ("1978 Gli Dei Se Ne Vanno, Gli Arrabbiati Restano"), ma senza mai recuperare del tutto la magia, l’inventiva e l’irruenza, che avevano contraddistinto il loro esordio.
L’avventura si concluderà tragicamente nel 1979, con la morte di Demetrio Stratos, forse la voce più potente, innovativa e avanguardistica che la storia musicale del nostro paese abbia mai avuto.
fonte: ondarock.it


Ance: Victor Edouard Busnello Percussioni: Giulio Capiozzo Basso/Contrabbasso: Yan Patrick Ehrard Djivas
Piano/Piano elettrico: Patrizio Fariselli Organo/Voce/Steel drums: Demetrio Statos Chitarra/VCS3: Paolo Tofani

1- Luglio, Agosto, Settembre (Nero)
2- Arbeit Macht frei
3- Consapevolezza
4- Le Labbra del Tempo
5- 240 chilometri da Smirne
6- L'abbattimento dello Zeppelin
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Re: Area

Messaggioda Silver Surfer » mer 29 set 2010, 21:20

Area - Caution Radiation Area (1974)
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Percussioni: Giulio Capiozzo
Piano elettrico/pianoforte/Clarinetto basso/Percussioni/Sintetizzatore ARP: Patrizio Fariselli
Basso elettrico, contrabbasso, trombone: Ares Tavolazzi
Chitarra elettrica/Sintetizzatori EMS/Flauto: Giampaolo Tofani
Voce/Organo/Clavicembalo/Steel drums/Percussioni: Demetrio Stratos

1974.
L’anno della massima espansione dell’influenza della controcultura sulla società nostrana, della radicalizzazione dello scontro tra strati sociali che porta –tanto per darvi un’idea- alla proclamazione dello stato d’allarme attivo in tutte le caserme della Repubblica per il fondato timore di un colpo di Stato e della Strage di Piazza della Loggia a Brescia. (per ulteriori approfondimenti vedi la seconda puntata della Storia Del Prog Rock Italiano ).
Un anno veramente difficile che viene interpretato dagli Area -gruppo di riferimento massimo sia politicamente che musicalmente- in maniera altrettanto radicale e diametralmente opposta a quanto fecero le formazioni più americaneggianti o comunque più “facili” come il Banco del Mutuo Soccorso e la PFM, ossia distaccandosi coraggiosamente dal capolavoro Arbeit Macht Frei per esplorare territori musicalmente estremi e profondamente contaminati dal Jazz, dal Folk, ed in generale dalla sperimentazione sulla libera improvvisazione e sulla ricerca vocale che più tardi avrebbe portato Demetrio Stratos alla dimensione di leggenda del canto.
Affiancando alla sua uscita il concerto “terapeutico” all’Opedale Psichiatrico di Trieste, (all’epoca diretto da Franco Basaglia), suonando live a Parco Lambro, al Festival pop di Berna ed assieme a Joan Baez al Vigorelli, e sfruttando l’innesto “colto” in formazione di Ares Tavolazzi, gli Area immettono sul mercato il difficile, ostico, spigolosissimo e refrattario al facile ascolto fin dal titolo Caution Radiation Area.

L’album rappresenta un superamento netto dei confini già ampi del Prog per eliminarli quasi del tutto incorporando elementi improvvisativi tipici del Jazz, ma anche –e qui troviamo una nota di grandissima modernità- di Industrial-Elettronica che all’epoca muoveva i suoi primi passi in ambito essenzialmente Tedesco e che rende Caution Radiation Area un disco ancora estremamente moderno quasi a prescindere dai contenuti politico-testuali, ciò in virtù di una ricerca sull’alienazione metropolitana e sulla trasformazione del singolo in merce in nome della produzione e del conseguente consumo/consumismo tutt’ora in corso, ma con minore coscienza da parte della società contemporanea rispetto a quella di allora.
Come detto per fare ciò gli Area abbandonano quasi completamente il linguaggio musicale standard codificato nella canonica forma-canzone per affidarsi ad un modus operandi completamente scevro da condizionamenti di struttura ed approdare quindi a linguaggi universali capaci di parlare ai loro contemporanei, ma in grado addirittura di arrivare più profondamente all’anima dell’ascoltatore moderno in possesso delle giuste chiavi elettroniche mentali regalateci da decenni di esposizione alla società che quegli anni 70 stavano più o meno –sicuramente meno- consapevolmente costruendo, dato che in quell’anno di grazia 1974 a molti sarà sembrato che la band avesse scelto di non farsi ascoltare, tanto magmatico, singolare e sfuggente doveva apparire questo disco.

Nonostante ciò l’opener Cometa Rossa risulta ancora legata al Progressive dell’album precedente, ed è un modo per introdurre in maniera soft il mood di Caution Radiation Area, tuttavia stiamo parlando degli Area, una band semplicemente incapace di scrivere un brano normale.
Cometa Rossa presenta un testo in Greco completamente destrutturato da Stratos fino a renderlo puro suono –spesso epicamente recitato- da distorcere con i suoi passaggi tonali ed i suoi trilli inconfondibili su una base ritmica di grandissima classe.

Da qui in poi è libertà, rancore, angoscia e voglia di giustizia.
ZIG (Crescita Zero) utilizza una sola frase come testo, (“L’estetica del lavoro è lo spettacolo della merce umana”), per comunicare –essenzialmente via sintetizzatore- l’alienazione totale dell’individuo alla catena di montaggio utilizzando rapide dissonanze e cambi di tempo psicotici.

Poi Brujo. Un sogno lisergico finito male? Un sabba post-moderno con macchine industriali al posto dei calderoni? O forse solo una sentenza: nella post-modernità l’uomo rimane comunque schiavo di sé stesso e delle sue superstizioni e sostanzialmente incapace di progettare il sé ed il futuro. Bisogna “Progettare Totalità”, canta Stratos.

Follia. Forse solo questa è la parola adatta a descrivere MIRage? Mirage!
Rumori, fughe, improvvisazioni slegate l’una dalle altre e caoticamente sovrapposte nel nome del Free-Jazz, i gorgheggi di Demetrio in triplofonia e gli spaventati sospiri degli altri, l’incredibile testo composto in realtà da cinque testi sovrapposti senza criterio apparente riguardanti una narrazione, una ricetta, una pessima recensione di Arbeit Macht Frei, dei programmi da un guida tv e, soprattutto, le istruzioni per costruire una molotov.
Non esattamente il modo migliore per farsi degli amici al governo, anche perché è facile –volendo- riassemblare tutto nel giusto modo.
Ecco un breve estratto del testo in questione:

Versate sui dischi di pasta qualche goccia di liquore
quattordici e dieci cronache italiane quindici telescuola
degli stracci con acqua aggiunta a una miscela di clorato di
assolutamente personale; nel LP in questione c'è un vero e proprio
sbadigliando. - Non è stato poi così difficile - farfugliò spegnendo la
quindi spennellateli con qualche cucchiaio di marmellata. Ponete il
diciassette telegiornale diciassette e quindici alla scoperta degli
potassio e zucchero. Avvolgere gli stracci ben stretti attorno alla
miscuglio (per non definirla accozzaglia) di episodi alla
luce. Il mattino dopo, a colazione, egli impartì alcune disposizioni:
primo disco sul piatto da portata e decoratelo come mostra la fotografia
animali il topo diciassette e trenta una palla magica la storia dello
bottiglia e lasciare asciugare.

Discorso a parte merita Lobotomia.
Musicalmente (?) è qualcosa di difficilissimo da seguire ed assimilare, trattandosi di assemblaggi e campionamenti di attitudine Industrial contententi –tra le altre cose- anche la sigla di allora del TG, il cui scopo apparente sembra quello di spaventare ed allontanare l’ascoltatore e le cui esecuzioni dal vivo sarebbe ora materiale storico interessantissimo da far vedere nelle università, essendo costituite da momenti di buio assoluto con questi rumori assordanti nelle orecchie e realmente fastidiosi seguiti da altri in cui i musicisti dal palco puntavano delle torce elettriche abbaglianti negli occhi degli astanti dopo averli talvolta avviluppati , con l’aiuto del buio, in fili di lana colorata dando così un effetto lisergico che oggi sarebbe ottenuto con mezzi digitali. Insomma…un digitale proletario ante litteram.
Ma il tutto non voleva rappresentare una mera esibizione da performers.
Il brano infatti puntava a descrivere la (presunta) lobotomia ricevuta da Ulrike Meinhof, (della banda Baader-Meinhof), e dell’annullamento coercitivo delle funzioni cognitive e cerebrali, rappresentando con ciò i pericoli spesso maggiori del male originale che il cercare di annullare un problema in un certo modo nasconde.
Musica? Teatro? Provocazione? Di tutto un po’, ma sopratutto il tentativo estremo di svegliare le coscienze, di invitare, anzi, di costringere la gente a prendere coscienza, che lo voglia a meno.
Questo erano gli Area.
Fonte:metallized.it

01. Cometa Rossa (3:59)
02. ZYG (Crescita Zero) (5:30)
03. Brujo (8:02)
04. Mirage (10:28)
05. Lobotomia (3:57)
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Re: Area

Messaggioda Silver Surfer » mer 29 set 2010, 21:30

Crac (1975)

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Percussioni: Giulio Capiozzo
Piano elettrico/pianoforte/Clarinetto basso/Percussioni/Sintetizzatore ARP: Patrizio Fariselli
Basso elettrico, contrabbasso, trombone: Ares Tavolazzi
Chitarra elettrica/Sintetizzatori EMS/Flauto: Giampaolo Tofani
Voce/Organo/Clavicembalo/Steel drums/Percussioni: Demetrio Stratos

Il terzo album degli italiani Area sarà ricordato dagli amanti del Progressive Rock dalle influenze Fusion/Jazz come il capolavoro della discografia della band, che corona il lavoro iniziato dai precedenti Arbeit Macht Frei (1973) e Caution Radiation Area (1974).
La musica altamente politicizzata di Demetrio Stratos diventa una vera e propria delizia per gli ascoltatori, poiché i pezzi contenuti in Crac! sono più convincenti delle celebri canzoni che avevano caratterizzato la prima produzione del quintetto: pezzi geniali come Luglio, Agosto, Settembre (Nero) e Cometa Rossa passano quasi in secondo piano davanti alle splendide L’Elefante Bianco, La Mela di Odessa e Gioia e Rivoluzione, le tre perle dell’album del 1975.

La chiave di lettura di questo Crac! è rintracciabile nella citazione contenuta nel booklet, scritta dal rivoluzionario Buenaventura Durruti: “Le rovine non le temiamo. Ereditiamo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta screscendo, proprio adesso che io sto parlando con te.”
Questa frase, collegabile con il significato della copertina dell’album, fa comprendere il valore dialettico della musica proposta dagli Area: gli strumentisti vogliono trasmettere le loro idee al pubblico, attraverso le proprie composizioni stravaganti e folli.
Il mezzo principale di tale propaganda politica è la voce del grande Stratos, una delle più belle del Rock anni ’70, capace di risvegliare gli ascoltatori con i suoi toni espressivi, supportati dalle pazze scale esibite da organo e fiati.

Inutile analizzare nei particolari alcune delle canzoni che hanno segnato un decennio per il nostro Paese: veri e propri successi degli anni ’70 italiani, esse riuniscono la rabbia verso il sistema, già esplorata da molti artisti psichedelici degli anni precedenti il 1970, la volontà di poter esprimere il proprio parere su argomenti caldi e delicati come quelli di matrice politica e sociale, il desiderio di rivoluzione, presente in tutta quella generazione.
Fusion, Jazz, Progressive e spunti Folk medio-orientali si fondono con saggezza nel virtuosismo affrontato in ogni brano, come nell’opener L’Elefante Bianco, la migliore di Crac!.

Urlata, violenta, acuta, modulata, sospirata e ricca di effetti è la voce di Demetrio che, con le ritmiche di batteria e basso, delinea il tessuto musicale su cui operano organo e fiati con potenza e aggressività. Forse il fascino di tale brano è da ricercare nel fatto che costituisce l’unico episodio di Crac! in cui non regna la confusione strumentale; L’Elefante Bianco è infatti dotata di estrema omogeneità strutturale nella successione intricata dei riff contorti, un paradiso per gli amanti del Jazz più innovativo.

Sperimentazione è la parola che riassume il proseguimento del disco: lunghi assoli di batteria che si alternano a scale e a motivi di tromboni scherzosi e quasi ridicoli nell’eccezionale La Mela di Odessa. Una vera e propria storia raccontata da Stratos e dai tromboni, che strappano sorrisi all’ascoltatore, impreparato a tale inversione di sonorità: dissonanze ed effetti inconcepire per qualsiasi mente musicale, che determinano la grandezza dell’evoluzione timbrica subita dagli Area.



Accompagnamenti complessi, temi impossibili da immaginare: questo è Crac!, l’album che ha contribuito a cambiare il genere insieme ai lavori della Mahavishnu Orchestra; un tripudio di idee che sono trasformate nella note e nelle parole taglienti di Stratos.

Al di là degli ideali politici che regnano sovrani nell’album, si deve solo ammettere che gli Area hanno apportato elementi fondamentali a rendere dinamico il genere, stravolgendo tutti gli schemi classici e abbandonandosi all’improvvisazione tipica dei jazzisti. La musica proposta può non essere apprezzata, ma rimane pur sempre un lampo di diversità all’interno del panorama Rock internazionale. E così l’International POPular Group completò il suo terzo capitolo…
Fonte:rockline.it


Lato A
L'elefante bianco - 4:36
La mela di Odessa (1920) - 6:43
Megalopoli - 7:52
Lato B
Nervi scoperti - 6:37
Gioia e rivoluzione - 4:40
Implosion - 5:30
Area 5 - 2:12 (Juan Hidalgo/Walter Marchetti)
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Re: Area

Messaggioda Silver Surfer » mer 29 set 2010, 21:35

Area - Are(A)zione (1975)

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Era una giornata uggiosa. Anche se non ne avevo alcuna voglia dovevo andare. Non rispettare i propri impegni è un valore tipicamente borghese. Questa volta dovevano trattare un argomento importante al centro sociale. Si discuteva se era necessario o no fare una manifestazione contro gli assassini fascisti che qualche tempo prima avevano ucciso uno dei nostri. Io ero a favore. Bisognava far sentire la propria voce, non si potevano lasciare impuniti quei nazi di merda. Erano le 16.00.

Tra poco sarebbe dovuto giungere a casa mia Fabio e insieme saremmo andati alla riunione. E infatti poco dopo suonò il campanello. Lui entrò e mi disse subito che tutto era stato rimandato al giorno successivo. Ma i miei occhi si erano fissati su un 33 giri che teneva in mano. Gli chiesi cosa fosse e lui: ”E’ una cosa che mi invidierai per il resto della vita. Siori e siore – disse atteggiandosi a venditore ambulante a una folla piuttosto esigua - ecco a voi una perla di inestimabile valore, recuperata a costo della mia vita dopo enormi peripezie. A me i vostri occhi: ammirate ARE(A)ZIONE degli Area”.
E mostrò la cover del vinile. Rimasi senza parole per alcuni secondi, dopodiché trovai la forza di esclamare: ”Porca pupazzola!!!!!!!!!!!!!!!! Come te lo sei procurato?” infatti bisogna sapere che l’unico negozio del mio paese era di un uomo, detto anche “Barbero il puzzone”, che aveva la fama di idiota, poiché di ogni Lp ne prendeva (e ne prende tutt’ora) solo 4 copie. Quindi immaginatevi la calca fuori del negozio quando si seppe dell’uscita del primo live “made in Area”.

I pochi fortunati che se lo procurarono si pavoneggiarono per mesi. Gli Area a quei tempi erano leggendari: quasi come Che Guevara e Mao. Erano il gruppo più politicizzato e sperimentatore di tutta la scena musicale italiana. E oltretutto non elargivano concerti col contagocce. Comunque, torniamo a me e Fabio. Lui rispose: ”Diciamo che mi erano cadute 10.000 lire sul bancone del Puzzone” . Fatto sta che, dopo avergli ricordato che la corruzione è un valore tipicamente borghese, andammo a sentirlo. Fuoriescono gli applausi dal giradischi e parte subito Luglio Agosto Settembre (Nero). E Demetrio canta quei versi che, ormai, erano stati scritti su ogni muro delle università occupate: "Giocare col mondo facendolo a pezzi. Bambini che il sole ha ridotto già vecchi”.

La canzone è velocizzata rispetto alla versione in studio. Dopo ecco che Demetrio inizia a parlare col pubblico, spiegando il significato della canzone successiva (la storia di un artista di nome Apple che nel 1920 dirotta una nave tedesca verso un porto dei rivoluzionari russi): La Mela Di Odessa. Bisogna tenere conto quando si sentono gli Area che tutti i loro testi sono estremamente criptici. Altrimenti, sentendo la storia di una mela che attraversa il mare con una foglia, verrebbe da dire che doveva farsi meno canne.

Mi vennero i brividi quando, dopo una specie di introduzione/improvvisazione strumentale, la musica si fermò e si sentì solo il rumore di qualcuno che mangia una mela. Segue la solita introduzione demetriana (come mi è venuta fuori questa parola) e la stupenda Cometa Rossa (testo e melodia di ispirazione greca). Troppi capolavori fino ad allora per poter sperare di essere ancora lucido e non inebriato da tale bellezza. C’era bisogno di qualcosa di più ostico per riprendermi.

E, come al solito, Demetrio mi capì e ficcò in mezzo l’inedito strumentale di Area(a)zione. La canzone presenta moltissime improvvisazioni che però non risultano, almeno a mio parere, eccessivamente autocelebrative.

E dopo ecco che giunge il più bel momento di tutto l’album: l’Internazionale. Cazzo, mi vengono i brividi ogni volta che la sento. Ma non potevano certo riproporre soltanto un inno generazionale senza colpo ferire. E infatti la canzone ha all’interno delle sperimentazioni dal vago sapore psichedelico. Mentre la suonano sembra che un orgasmo collettivo abbia colpito il pubblico (e gli stessi Area). Finita l’Internazionale il pubblico scoppia negli applausi (si sente gridare “bravi, bravi..”). Il mini Lp è finito.

Molte cose sono cambiate dagli anni ‘ 70. Persone sono morte, i sogni si sono infranti con la dura realtà, molti hanno cercato di rifugiarsi dalla loro fragilità interiore nelle droghe. Alcuni di quegli attivisti si sono trasformati in importanti giornalisti oppure sono passati alla sponda opposta (politicamente parlando). La stessa scena politica è cambiata completamente.

Tutto è cambiato, ma gli Area sono rimasti.
Fonte:debaser.it




- Giulio Capiozzo / drums and percussion
- Patrizio Fariselli / electric & acoustic pianos, bass clarinet, percussion, synths
- Demetrio Stratos / vocals, organ, percussion
- Ares Tavolazzi / electric & acoustic basses, trombone, pocket trumpet
- Paolo Tofani / electric guitar, synths

1. Luglio, agosto, settembre (5:41)
2. La mela di Odessa (11:05)
3. Cometa rossa (6:00)
4. Are(A)zione (15:00)
5. L'Internazionale (4:00)
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Re: Area

Messaggioda Silver Surfer » mer 29 set 2010, 21:39

Maledetti (maudits)
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Demetrio Stratos è e rimarrà Il cantante più vocalmente dotato di tutti i tempi.
Gli A.R.E.A. sono e rimarranno uno dei migliori gruppi di tutti i tempi, nonchè Il Migliore Gruppo Italiano di tutti i tempi, il migliore, senza dubbio, ma dico in generale, non nel prog, il migliore degli italiani, tutti, nessuno escluso, tutti tutti tuttissimi.

Ecco, io vado al cinema, e, dato che al cinema al novanta percento dei casi ci vai per accontentare qualcuna, vedi un film di merda.
Ecco, io avevo sentito tante volte parlare di questi Afterhours, tutti mi parlano di questi Afterhours, ma siccome quando me ne parlano in troppi, a me uno diventa antipatico, loro, non li ho mai sentiti.

Abbiamo già tre certezze, nella vita, si ha bisogno di certezze.
La prima certezza è: gli AREA si fanno in culo qualsiasi gruppo proveniente dall'Italia.
La seconda certezza è: sto andando a vedere un film del cazzo.
La terza certezza è: di questi Afterhours, io non mi fido.
La fusione di tre certezze, porta solo ad una grande verità, la grande verità è: Agnelli... ma vaffanculo.

No, davvero, Agnelli, ma vaffanculo. Agnelli, con tutta la mia buona volontà, ma vaffanculo.
Ma perchè, io mi chiedo ma perchè, se già un film è una immensa cagata che tenta di ricostruire in maniera commerciale la storia di gente che era contro queste cose, tu, piccolo povero ma immenso imbecille rincoglionito, perchè fai la stessa cosa? Semplice la risposta, perchè, come da incipit, sei un piccolo povero immenso coglione.
No, dico io, già ho i coglioni rotti per le immense stronzate che sto vedendo... e così, come un fulmine a ciel sereno, mi vedo della gente di cacca con un voce di cacca con uno stile di cacca in un film di cacca, tentare di rifare gli AREA, la massima espressione del cacao italiano. Non si mischia la cacca col cacao... no no no.
Perciò, Agnelli, ma vaffanculo. No, dico io, ed in sala sento pure un po' di popolino imbecille che dice "eh, son proprio bravi gli afterauar"... popolino, no, davvero, ma vaffanculo. Agnelli, ma vaffanculo, tu e tutti gli amici tuoi, fate un bel gruppo interculturale per esplorazione del Fanculo.

No, dico io, ma pure Patrizio, Patrizio, oh mitico Patrizio, ma tu hai dato il permesso a quella faccia di merda di tentare di interpretarvi? Patrizio, ti do il beneficio del dubbio, e spero che sia perchè ti mancano soldi. Patrizio, io gli album ve li ho comprati tutti, la mia parte l'ho fatta, ma forse posso fare di più.
Tu, si dico a te, tu sì, tu, non state leggendo in due giusto?Allora sì, tu: comprati gli album degli AREA. Sono ristampati in bellissimi digipack con bellissimi artwork, e contengono il meglio del meglio del meglio di quello che ha prodotto l'Italia. Contengono la voce più particolare e dotata di tutta la storia della musica, comprali, tutti. Comprali, perchè sennò Patrizio è costretto a fare queste cose, anche Patrizio deve mangiare, è pur sempre un uomo.
Agnelli, ma davvero, ma con tutto il cuore, (ma vaffanculo) ma davvero tu, povero pirletta ignorante e vocalmente dotato più o meno come me, credevi di poter interpretare Demetrio (ma vaffanculo)?
Agnelli, sinceramente, trovati un lavoro.

Quindici, quindicesimo ILL... abbiamo secolo perso. Perso il memorio, secolo abbiamo. Abbiamo perso... la pappetta.... pappina... pappona. Abbiamo... ouh. Quindicesimo secolo.
Laiiidieeees And Gentlemen!
Abbiamo perso il q...quindicesimo... SECOOOOLO!

Comprate gli album degli AREA, regalateli a Natale, regalateli alla dolce metà, ma comprateli. E poi, bruciate gli afteraur, non i cd, proprio loro, facciamone un barbecue, ci cuociamo le salsicce, mentre ascoltiamo Maledetti. Non vi fidate? Diforisma Urbano & Gerontocrazia, vi danno una buona panoramica del complesso mondo di Patrizio, Ares, Demetrio e Paolo.
Recensione di: puntiniCAZpuntini



Piano elettrico/pianoforte/sintetizzatore ARP Odissey: Patrizio Fariselli
Chitarra elettrica/Sintetizzatore Tcherepnin: Giampaolo Tofani
Voce/Organo Hammond: Demetrio Stratos
Batteria: Giulio Capiozzo
Basso elettrico: Ares Tavolazzi
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Maledetti (maudits) (1976)1a parte:
Evaporazione (1'45")
Diforisma urbano (6'18")
Gerontocrazia (7'30")
Scum (6'30")
2a parte:
Il massacro di Brandeburgo numero 3 in sol maggiore (2'20")
Giro, giro, tondo (5'55")
Caos (parte seconda) (9'00")
http://www.mediafire.com/?y0ydvzjmicw
http://www.mediafire.com/?ngjemzrzlod
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Re: Area - Discografia

Messaggioda Silver Surfer » gio 30 set 2010, 12:13

L'Internazionale (1974) 45 giri

Lato A:
L'Internazionale

Lato B:
Citazione da George L. Jackson

Patrizio Fariselli: pianoforte e sintetizzatore
Ares Tavolazzi: basso elettrico e contrabbasso
Giulio Capiozzo: percussioni
Demetrio Stratos: voce
Paolo Tofani: chitarra, sintetizzatore EMS

Questo lavoro, registrato nel 1974 nell'insolito formato dei 45 giri, ebbe esclusivamente una diffusione militante.
I proventi servirono a finanziare le spese legali sostenute in difesa dell'anarchico Marini ingiustamente carcerato.

Del nostro arrangiamento dell'inno dei lavoratori si può dire tutto, ma non che non abbia fatto un gran casino; infatti pare che una volta, in virtù di un ascolto a volume esagerato, abbia bloccato il traffico in una via di New York e che Ceausescu (non ho idea di chi gliela fece sentire) abbia detto che: "...è una vergogna!!!"
Fonte: fariselliproject.com (Come moltissime immagini)


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Re: Area - Discografia

Messaggioda Silver Surfer » gio 30 set 2010, 12:21

event '76
Registrato dal vivo nell'Aula Magna dell'Università Statale di Milano (1976)


L’esibizione nell’aula magna dell’Università Statale di Milano, avvenuta il 27/10/1976, e documentata nel live indicativamente intitolato Event ‘76, è soltanto uno dei numerosi “eventi” culturali che hanno visto protagonisti gli Area in quell’anno decisamente florido, dal punto di vista artistico, per la band, nonostante le temporanee defezioni di Tavolazzi e Capiozzo. Nel bel mezzo delle registrazioni di quel “progetto- concetto di fanta- socio- politica” che prenderà il nome di Maledetti, agli Area si presenta l’occasione di suonare alla Statale, occupata, con il prezioso accompagnamento di due jazzisti di grande fama come Steve Lacy ai sassofoni e Paul Lytton alle percussioni. Il clima era a dir poco incandescente, e la platea si gonfiò presto di pubblico e, soprattutto, di musicisti ed esperti di jazz, attratti più che altro dalla presenza di Lacy e Lytton: gli Area decisero di “stupire” il pubblico accorso presentando una performance sui generis, un’esibizione unica e decisamente particolare in luogo di un più comune set di canzoni. D’altro canto, come lo stesso Demetrio ricorda in una ben nota intervista di Massimo Villa, “[…] questa era una cosa molto particolare, che si fa una volta, forse, nella vita, con questi due musicisti che sono di passaggio qui (quindi un indomani magari non ci saranno); abbiamo recuperato questo frammento dal disco Maledetti che si chiama Caos, l’abbiamo prolungato un pochino e l’abbiamo proposto” (Domenico Coduto, “Il Libro degli Area”). In sostanza quindi gli Area proposero una versione estesa e ancor più estrema di Caos (Parte II), lo stesso brano che chiuderà Maledetti, proposto spezzato in due parti sul cd di Event ‘76, e un pezzo totalmente improvvisato che darà il titolo a questo inconsueto disco live. Sul palco, una disposizione non consueta: là dove avrebbe dovuto trovarsi la batteria di Capiozzo si potevano osservare percussioni ed oggetti vari, che di lì a poco avrebbero costituito gli strumenti di Lytton; al posto del Rhodes di Fariselli, e dei suoi sintetizzatori, un pianoforte preparato (non dimentichiamo che il 1977 vedrà la pubblicazione di Antropofagia, primo lavoro solista di Fariselli, nel quale l’uso dello strumento preparato troverà largo spazio); poi Lacy, col suo sax soprano, Tofani con chitarra e onnipresenti synth e Demetrio, con la sua incredibile voce. La serata era piovosa, e questo non è un dettaglio secondario. Dunque gli Area si presentarono sul palco intenzionati a replicare Caos (Parte II), seguendo l’invito di Cage ai musicisti ad improvvisare senza seguirsi gli uni con gli altri, suonando tutti insieme ma ciascuno separatamente dagli altri fino a spingersi molto oltre i confini del free- jazz, in territori largamente inesplorati dove l’improvvisazione potesse finalmente liberarsi da tutti quei topos che, nel tempo, avevano finito per ingabbiarla fino a negarne l’essenza stessa di “momento di libera espressione”: Event ‘76 documenta la ricerca di liberazione del musicista nel momento dell’improvvisazione. Ad ogni musicista vengono affidati cinque bigliettini, recanti ciascuno cinque stati di banalità emozionale da rappresentare col propri strumento indipendentemente dagli altri, “ipnosi, silenzio, violenza, ironia e sesso”: allo scoccare di tre minuti (diversamente da quanto avveniva nel disco Maledetti, nel quale ogni rotazione durava circa 90 secondi), i musicisti dovevano cambiare bigliettino e passare ad interpretare il successivo stato ivi descritto. Ne uscì fuori qualcosa di "assurdamente strano": sonorità improbabili delle percussioni, metalliche, quasi “industriali”, a tratti; suoni sintetizzati da Tofani che fanno da tappeto o si ergono, schizzando in tutte le direzioni; il pianismo inquieto di Fariselli, con i timbri del piano acustico sporcati dalla “preparazione” dello stesso con viti, chiodi e quant’altro; i sussulti ora melodici, ora sporchi del sax di Lacy e la voce, calda e mai “immobile”, ma sempre dinamica e “aperta”, di Demetrio, che si produce in vocalizzi estremi e avventurosi. Dicevo degli ombrelli, dettaglio non secondario: in effetti il pubblico accorso si attendeva probabilmente un concerto più canonico, con la proposta dei pezzi forti della band, da Luglio, Agosto, Settembre (nero) in giù, e trovarsi di fronte a questo strano esperimento dovette lasciare disorientata buona parte delle persone presenti. Pare che il pubblico iniziò ben presto a rumoreggiare, intuendo come la situazione non volgesse al meglio (ma qui invito tutti a leggersi lo spassosissimo resoconto della serata fatto da Fariselli sul suo sito personale, che troverete tra i link in fondo a questo post), salvo poi rassegnarsi e in qualche modo iniziare persino a collaborare, battendo i piedi come supporto alle ritmiche o aprendo e chiudendo a tempo i famosi ombrelli di cui poco fa: in qualche modo l’esperimento degli Area (probabilmente per sfinimento, ma tant’è), era riuscito a superare e rompere la barriera tra i musicisti sul palco ed il pubblico, un po’ come accadeva nella perfomance di Caos (Parte I), solo nella maniera opposta, quella testimoniata dalle modalità espressive di isolamento dei musicisti sperimentate in Caos (Parte II). C’è da credere che comunque gli Area si divertirono alquanto durante quella serata, e la scelta di presentarla su disco fu quantomeno coraggiosa, dato che questo Event ‘76 non si presenta certo come un prodotto di facile consumo: d’altro canto, la Cramps ci ha sempre abituato alla costanza con la quale ha saputo proporre al pubblico esperienze discografiche significative per quanto difficili, sacrificando spesso proprio l’aspetto economico. Sul momento, questo non sembrò essere un grande dramma. Negli anni a venire però, con la morte di quel Movimento ribattezzato proletariato giovanile (e il suo funerale al Festival di Parco Lambro del ’76), l’aumentare dei costi di gestione e il progressivo venir meno delle occasioni per la band di esibirsi dal vivo (uniche reali occasioni di guadagno, tra l’altro, perché si deve pur mangiare e va detto che i dischi degli Area, per quanto avessero un proprio pubblico di affezionati supporter, non vendevano certo quanto altre operazioni commerciali, già all’epoca), anche l’aspetto economico diverrà motivo del distacco della band dalla sua storica etichetta. In mezzo tra questa gravosa separazione ed il momento della registrazione di Event ‘76 ci sono ancora Maledetti, un tour (partito dal Teatro Uomo) accompagnato ad un “Greatest Hits” molto particolare, Anto/logicamente, contenente per lo più i pezzi maggiormente trascurati della band nei precedenti album, una pioggia di lavori solisti (Indicazioni, l’eccezionale opera seconda di Tofani, e il già citato Antropofagia di Fariselli) e purtroppo, all’alba del nuovo rapporto di lavoro con la CGD, etichetta “alternativa” della major Ascolto, la defezione di Tofani, sempre più interessato a proseguire nel suo nuovo cammino spirituale, affrontato con la consueta ricchezza d’animo e generosità. Event ‘76 in qualche modo chiude un’epoca, aprendo una del tutto nuova, almeno per gli Area: è un peccato che l’invito dei musicisti non sia stato colto e sviluppato negli anni, e chissà dove avrebbe potuto condurre. Restano le parole di Tofani, al microfono di Villa, a restituire l’emozione e le aspettative di quella serata: “Io mi sono divertito tantissimo, è stata un’esperienza interessantissima suonare con Lacy e Lytton ed è ovviamente chiaro che questo tipo di musica presenta delle difficoltà per quanto riguarda il pubblico, però bisogna iniziare una buona volta a farle, quindi secondo me va benissimo” (Coduto, op. cit.); ai nostri occhi, noi spettatori di un mondo musicale ridotto all’ombra di se stesso e ad una mera ombra dell’Arte, resta soprattutto l’amara attestazione che Cage fece a suo tempo, dopo aver dato quell’ormai noto “suggerimento” che sta alla base di Caos (Parte II), e cioè che “è difficile essere liberi”.
fonte:eoslab.splinder.com



Patrizio Fariselli: pianoforte
Steve Lacy: sax soprano
Paul Litton: percussioni
Demetrio Stratos: voce
Paolo Tofani: chitarra, sintetizzatore Tcherapnin
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Re: Area - Discografia

Messaggioda Silver Surfer » gio 30 set 2010, 12:30

1978 gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano

Immagine
Lato a:
Il bandito del deserto (Stratos) (3,13)
Interno con figure e luci (Fariselli/Stratos) (4,07)
Return from Workuta (Stratos) (3,02) 2.849 Kb
Guardati dal mese vicino all'aprile (Stratos) (5,12)
Hommage à Violette Nozières (Stratos) (3,18)
Lato b:
Ici on dance! (Stratos) (3,27)
Acrostico in memoria di Laio (Fariselli) (6,12) 5.824 Kb
"fff" (festa, farina e forca) (Capiozzo, Fariselli, Tavolazzi) (3,49)
Vodka-Cola (Fariselli/Stratos/Capiozzo/Tavolazzi) (7,27)


Ares Tavolazzi: contrabbasso, basso elettrico, trombone
Patrizio Fariselli: Pianoforte, tastiere, organo positivo del 600
Demetrio Stratos: voce, organo Hammond, pianoforte, tastiere
Giulio Caprozzo: batteria
Fernanda Paloma Pawìnsquaw: il cane


Il 1977 rappresentò per gli Area un'intensa verifica di cinque lunghi anni di carriera con la release del loro primo album antologico “Anto/logicamente” ed un’omonima tournee iniziata il 29/4/1977 al Teatro Uomo di Milano e proseguita per tutta l’estate.

Tuttavia, malgrado il successo collettivo e i numerosi riconoscimenti individuali, il clima incandescente instauratosi dopo il disastro del Parco Lambro ’76 e la nascita di nuovi antagonismi artistici, si insinuarono nel quintetto provocando almeno due cambiamenti notevoli: la dipartita di Tofani, desideroso di un nuovo appiglio spirituale e di nuove musicalità, e l’abbandono della storica discografica Cramps a vantaggio della “Ascolto” di Caterina Caselli.

Gli Area perdevano quindi da un lato, il loro geniale malipolatore elettronico e dall’altro, la fraterna collaborazione di Gianni Sassi e, anche se il solo Demetrio continuò a lavorare da solista con la Cramps, ormai il marchio “Area” faceva definitivamente parte di una nuova scuderia.
Il nuovo ingaggio venne comunque soppesato e accettato con molta attenzione: al quartetto sarebbe stata garantita non solo la massima libertà espressiva ma, finalmente, anche una buona remunerazione.
Per contro, il gruppo dovette rapidamente imparare a gestirsi quasi totalmente da solo: musiche, testi e concept e, per facilitare questo compito, si avvalse dello scrittore situazionista Gianni Emilio Simonetti, che aveva già ai suoi tempi collaborato con Sassi ed era assistente di Demetrio nelle sue ricerche vocali.

Arrivò così il nuovo disco: “1978; gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano!”, registrato da Allan Goldberg agli Sciascia Sound di Milano, che si rivelò allo stesso tempo l’apertura di una nuova fase artistica e pochi mesi dopo, un inatteso canto del cigno.
Il 30 marzo del 1979 venne diagnosticata a Stratos un'aplasia midollare (o "talassemia mediterranea" come riferirono ai tempi alcuni media).
Il 2 aprile venne ricoverato al Policlinico di Milano ma, vista l'impossibilità di curarlo, fu trasferito al Memorial Hospital di New York dove morì il 13 giugno, poco prima di quello che avrebbe dovuto essere l'intervento risolutore.
A nulla valse il concerto all’Arena di Milano (14/6/79) organizzato da Gianni Sassi per raccogliere fondi per l’operazione.

L’ultima fatica degli Area però, non è da leggersi con spirito malinconico, anzi: “Gli Dei se ne vanno...” fu l’ennesima dimostrazione che, anche senza Sassi, la band fu perfettamente in grado di produrre brani di enorme consapevolezza sociale e musicalmente al passo con i tempi.

Sin dal suo titolo degno di un classico della letteraura, l’album rifletteva perfettamente la storia degli ultimi 10 anni: è vero che il ’68 non aveva mantenuto le sue promesse aprendo l’epopea dell’individualismo ma, anziche disilludersi sul potere delle rivoluzioni, rinnegarne la forza critica e rifugiarsi “nell’establishment”, occorreva immediatamente trovare una nuova linfa propulsiva attraverso l’impegno e la militanza.


Ecco che allora il disco ci offre una splendida serie di soggettività dense di umanità ed energia.
Si parla di Shànfara, poeta e fuorilegge dell’Arabia pagana che si muove in mezzo agli sciacalli delle sabbie (“Il bandito del deserto”); della parricida Violette Noziere che i surrealisti elevarono a simbolo dell’antiautoritarismo familiare (“Hommage a Violette Nozieres”); delle pletore di spettatori ingabbiati dalle centinaia di Festival popolari non capendo che “non serve desiderare uno spazio immaginario, ma occorre essere spettatori di se stessi” (“Festa farina e forca”).

Infine, svettano come icebergs le suggestive atmosfere di “Acrostico in memoria di Laio” e soprattutto della struggente e conclusiva “Vodka Cola”.

“Acrostico” fu la dimostrazione che l’ironia aveva preso il posto della proverbiale aggessività degli Area, liberandosi così dai rigidi intellettualismi in cui si stava asserragliando la post-controcultura: “una generazione di sconfitti che ha dato i suoi figli in pasto alle belve”. (Fariselli)

“Vodka Cola”, tratta dall’omonimo libro di Charles Lewinson, fu invece probabilmente la canzone più moderna dell’album: “una struttura musicale in bilico tra ironia e divertissement, cui fa da controcanto un’idea concettuale che precorre gli attualissimi temi della globalizzazione” (cfr. Domenico Coduto :”Il libro degli Area”, Auditorium, Milano, 2005).
Di fatto, è davvero incredibile pensare come nel 1978 un artista rock potesse essere così criticamente lungimirante rispetto a certi segnali d’allarme:
1) le banche dell’area liberale hanno filiali nei paesi comunisti. 2) I paesi comunisti affittano i loro lavoratori a bassissimi salari e senza diritto di sciopero alle multinazionali. 3) L'economia liberalcapitalista sorregge quella socialcomunista con un flusso continuo di credito agevolato.
Tutto ciò nel '78... vi rendete conto?
A quel punto gli Area non solo dissero: “noi non berremo questo cocktail”, ma reagirono con decisione avviando un percorso artistico totalmente rinnovato: jazz, apparizioni televisive e un più libero sviluppo delle proprie personalità individuali a partire dalle singole progettualità.

Poi, la storia ce li ha portati via.

Quel 13 giugno del ’79 in un certo senso me lo aspettavo.
Sapevamo tutti che Demetrio stava male ma, si sa, certi personaggi sono immortali.
Mi diede la notizia un amico la mattina di giovedì 14.
Piansi molto e quella sera, non so perché, non andai all’Arena Civica.
Fonte:classikrock.blogspot.com
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Re: Area - Discografia

Messaggioda Silver Surfer » gio 30 set 2010, 13:42

Tic&Tac (1980)

Immagine

Parte 1a
La torre dell'alchimista (5'50")
Danza ad anello (5'13")
A.S.A. (4'34") 4,292 Kb
Lectric rag (1'50")
La luna nel pozzo (3'41")
Parte 2a
Tic & Tac (4'38")
Quartet (2'12")
Sibarotega (4'16")
Chantée d'amour (4'47)
Antes de habler abra la boca (4'22")

"Tic & Tac" è senza dubbio il disco meno conosciuto degli Area. Uscì in un periodo non troppo felice per la band: il loro mitico cantante, Demetrio Stratos, era appena morto di leucemia, e l'ottimo chitarrista Paolo Tofani se n'era già andato da tempo. In effetti, circolano voci di corridoio non confermate, che il gruppo prima di registrare il disco, avesse deciso di sciogliersi. Non si sa poi come siano andate le cose, ma "Tic & Tac" uscì nel 1980.

Nonostante sia un disco anni 80 di elettronico ha ben poco: Fariselli sperimenta sì con i sintetizzatori, ma lo fa in modo discreto, mai invadente, lasciando sempre un grande spazio a gli altri. Soprattutto Ares Tavolazzi da un contributo a quest'album: infatti il buon Ares (che molti continuano a ricordarselo come uno degli autori della sigla di "Ufo Robot") oltre ad "armeggiare" magistralmente i suoi bassi e contrabbassi, incide pure alcune parti di chitarra ritmica, canta (ahimé, devo ammettere che questo poteva anche risparmiarselo) e firma due superbe composizioni. Che dire poi del drumming precisissimo e del magistrale groove del compianto Giulio Capiozzo? Probabilmente Giulio era uno dei più grandi (se non IL più grande) batteristi italiani, e nonostante quanto affermato da qualche rivista degli anni 80, il suo stile resta ancora attualissimo e senza dubbio grande fonte di ispirazione per i giovani batteristi d'oggi. Una delle novità è l'aggiunta di un sassofonista, il bravissimo Larry Nocella, che statene pur certi, avrà una parte da leone in quest'album.

Ma torniamo al disco. Dicevo prima che Tavolazzi canta, ed è assolutamente vero, ma canta solo in scat, improvvisando per lo più su i suoi assoli. Infatti l'album è quasi totalmente strumentale (a parte la conclusiva "Antes De Hablar Abra La Boca", nella quale però il testo si limita a qualche ripetizione del titolo). "La Torre Dell'Alchimista" è un bellissimo strumentale, ingiustamente non inserito tra i capolavori del gruppo. Introduzione affidata a qualche effetto synth, vigorosa entrata di Capiozzo, brillante tema tastieristico e pregevolissimi assoli sono gli elementi di questo brano. Ottima anche la traccia successiva, "Danza Ad Anello", dominata dall'eccellente contrabbasso di Tavolazzi e dall'energica tromba dell'ottimo Nocella. "Letric Rag" è una sarabanda di sintetizzatori del buon Fariselli, accompagnato dal solo Capiozzo. Un brano, nonostante tutto, molto interessante, anche perché i synth non vengono assolutamente usati come nel resto degli anni 80, ma anzi si cerca di ricreare il suono del contrabbasso e del pianoforte, direi con successo: un bel bravo al maestro Fariselli!

La title track è invece un pezzo più orientato sul jazz/fusion, con una splendida melodia e un'ennesima eccellente prova assolistica del gruppo! Il jazz puro torna con la splendida "Sibarotega", un brano che, a giudicare dal tema, avrebbe potuto starci benissimo anche in un disco di Miles Davis o di Coltrane. Che altro dire di questo pezzo? Grande Tavolazzi al contrabbasso, e ancora una volta grande Nocella!
Anche "Quartet" è un pezzo jazz, e pur dando qualche soddisfazione, non è assolutamente paragonabile alla calvalcata di "Sibarotega". Mentre Fariselli la sua parte da leone l'ha avuta in "Letric Rag", Tavolazzi dice la sua in "Chantée D'Amour", un brano molto smooth e rilassato con una grande base ritmica di Capiozzo.

I brani positivi del disco sono questi, e sono tutti molto buoni, degni degli Area dei bei tempi (anche se purtroppo la mancanza di Stratos si fa sentire). Allora perché il voto è di 4 stelle e non di 5? Beh, le tracce che non ho menzionato non sono certo da ricordare come le migliori: "Antes De Hablar Abra La Boca" ha effettivamente un tema principale interessante, ma le voci del pezzo sono orribili e in più gli Area mi sembrano abbastanza spompati nell'esecuzione del pezzo rispetto al resto del disco. "A.S.A." (ma che cavolo vorrà dire il titolo?) è una generica ballata senza infamia né lode, dove però nonostante tutto è possibile gustarsi ancora una volta una buona performance di Larry Nocella. Mentre sia "A.S.A." che "Antes De Hablar Abra La Boca" sono (a mio parere) sufficienti, non riesco semplicemente a sopportare la piattezza di un pezzo come "La Luna Nel Pozzo". Sì, Tavolazzi e Fariselli sono dei grandi, lo sappiamo tutti, ma penso che le loro performance più belle non siano in brani tipo questo.

Insomma ricapitolando 7 tracce positive, 2 sufficienti e una bruttotta direi che è molto più che un buon bilancio. Se avete questo disco, sono certo che la maggior parte di voi lo riterrà almeno buono, se non lo avete vi consiglio subito di procurarvelo, perché, nonostante le inconsuete atmosfere (più jazz che sperimentalismo) "Tic & Tac" è e resta un gran bel disco!
Fonte:debaser.it


Patrizio Fariselli: pianoforte, M.C.S. 70, piano elettrico
Larry Nocella: sax tenore
Giulio Capiozzo: batteria
Ares Tavolazzi: basso elettrico, contrabbasso, chitarra

Guido Guidoboni: tromba in "Danza ad anello" e "Sibarotega"
Luciano Biasutti: tromba in "Antes de habler abra la boca"
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Re: Area - Discografia

Messaggioda Silver Surfer » gio 30 set 2010, 14:04

Chernobyl 7991

Immagine


15.000 umbrellas (parte prima)
15.000 umbrellas (parte seconda)
Liquiescenza
Wedding day
Chernobyl 7991
Fall down
Il faut marteler
Efstratios
Mbira & Orizzonti
Colchide
Deriva (sogni sognati vendesi)
Sedimentazioni (*)

Musicisti: Patrizio Fariselli (pianoforte e tastiere), Giulio Capiozzo (batteria), Paolo dalla Porta (contrabbasso), Pietro Condorelli (chitarra in “Mbira & Orizzonti” e “Wedding day”), Gigi Cifarelli (chitarra in “Chernobyl 7991”), Stefano Bedetti (sassofono in “Mbira & Orizzonti”), John Clark (corno francese in “15.000 umbrellas”), Marino Paire (voce in “Fall down”).

Con la pubblicazione di "Chernobyl 7991" si riprende il filo di un discorso interrotto nel 1982 dopo 10 anni di intensa produzione musicale.

Il desiderio dei musicisti di sperimentare singolarmente nuove strade, la morte di Demetrio Stratos, la grande caduta di interesse da parte del pubblico giovanile negli anni ottanta, hanno fatto si' che Area sospendesse a tempo indeterminato la propria attivita'.

La luce negli occhi dei ragazzi, incontrati durante un tour in Sicilia nel 1993, e' stata la scintilla che ha rimesso in moto la macchina creativa facendo rinascere il desidero di fare danni e rispolverare la vecchia bandiera.

La ricorrenza: 1996, il decennale della catastrofe nucleare di Chernobyl. Idealmente proiettati al di fuori del nostro tempo, tra 4995 anni, per riflettere sul mondo che lasceremo ai nipoti dei nostri pronipoti, quando di noi e della nostra musica non rimarra' traccia, ma le scorie radioattive scelleratamente liberate nell'ambiente saranno ancora attive e frizzanti.

Tre anni sono serviti per progettare, elaborare suoni, collaudare il materiale ed affiatare i nuovi musicisti. Quarantacinque giorni nell'arco di sei mesi per registrare l'album.

Lo studio di registrazione: tecnicamente fantastico, situato in una delle zone piu' mefitiche di Milano, di fronte ad una urfida gora a cielo aperto che in inverno emetteva fumi giallognoli, tra strutture industriali abbandonate e fatiscenti dalle quali, attraverso una breccia nel muro, sortivano esseri disperati o viziosi in preda a crisi d'astinenza.

Le foto di copertina: realizzate al Centro Sociale Leoncavallo dal collettivo audiovisivi e collettivo fotografico del Centro. Una esperienza stimolante in un posto estremamente vitale che contrasta l'imborghesimento dilagante di una citta' un tempo tra le piu' creative d'Europa.

Il cibo: egiziano. Samir era come una mamma con le sue pizze reinventate e calde, e poi aglio, aglio e ceci, aglio e melanzane, aglio e carne, aglio e aglio.

I titoli: 15.000 umbrellas, Liquiescenza, Wedding day, Chernobyl 6991, Fall down, Il faut marteler, Efstratios, Mbira&Orizzanti, Colchide, Deriva (sogni sognati vendesi), Sedimentazioni.

I musicisti: Giulio Capiozzo (batteria), Patrizio Fariselli (pianoforte e tastiere), Paolo Dalla Porta (contrabbasso), con il contributo di Pietro Condorelli (chitarra in "Wedding day" e "Deriva - sogni sognati vendesi"), John Clarck (corno francese in "15.000 umbrellas"), Gigi Cifarelli (chitarra in "Chernobyl 6991"), Stefano Bedetti (sax tenore in "Mbira&Orizzonti") e Marino Paire (voce in "Fall down").

Gli Area della maturita' superano per incoscienza, entusiasmo e sfrontatezza gli Area della prima ora.
Fonte: ecn.org

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Re: Area - Discografia

Messaggioda Bionda Maledetta » gio 30 set 2010, 16:54

questa si che è una bella discografia
la brutta notizia e che dio nn esiste la buona e che nn ne hai bisogno
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