[wintricks]Sta facendo molto discutere la sentenza di un giudice del Tribunale di Bologna che ha assolto un architetto dall’accusa di violazione delle norme sul diritto d’autore (articolo 171 bis della legge 633/1941) per avere installato software pirata sul computer del suo studio tecnico. La motivazione è stata che “un libero professionista può utilizzare programmi non originali perché la sua attività di prestazione d’opera intellettuale non rientra nell’ambito dell’esercizio dell’attività d’impresa”.
La sentenza di per sé non è sconvolgente, in quanto non fa altro che confermarne un’altra emessa nel 2009 dalla Cassazione. Semmai, l’assoluzione dell’architetto pone un’altra importante questione: perché un libero professionista può usare software pirata senza commettere reato e un semplice cittadino no? Secondo molti opinionisti, il principio espresso nella sentenza del Tribunale di Bologna potrebbe essere applicabile anche all’uso privato di programmi pirata, ma in assenza di certezze è meglio non rischiare!
Sta di fatto che forse è davvero arrivato il momento di superare il vecchio concetto di diritto d’autore (la cui tutela è affidata ad una legge del 1941…), troppo legato all’altrettanto anacronistico “bollino SIAE”, e colmare il vuoto normativo della legislazione italiana per adattarla finalmente ai nuovi media e alle nuove tecnologie, che di sicuro corrono molto più velocemente rispetto alla pachidermica burocrazia del Bel Paese.[/wintricks]